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America / Viaggi

Argentina on the road – il NOA, nord-ovest argentino

Del perchè abbiamo scelto l’Argentina per le nostre vacanze estive ve ne ho parlato qui. Del perchè questo viaggio mi ha stregata, invece, ve lo racconto adesso.

Nessuna delle persone a cui ho raccontato del nostro viaggio prima di partire aveva mai sentito parlare di questa regione. Nessuno (o quasi) la conosceva quando, durante i nostri giorni lì, condividevo foto e video in una condizione di estasi perpetua.

Per me è un vero piacere ed onore raccontare questo luogo che custodirà per sempre un pezzettino del mio cuore.

Il NOA

Dopo tre giorni a Buenos Aires, abbiamo trascorso una settimana nel NOA, il nord-ovest argentino. Quattro giorni on the road e tre giorni con un tour organizzato. Ancora una volta, ci tengo a dire che questo viaggio è stato interamente progettato da noi, con tanto impegno e moltissima ricerca.

Il NOA è una regione vastissima, separata dal Cile dalla maestosa cordigliera delle Ande. Il nostro on the road si concentra sulle due provincie più a nord della regione, Jujuy e Salta.

La provincia di Jujuy – Purmamarca, Tilcara, Humahuaca

Raggiungiamo Salta con un volo interno da BA, ritiriamo la macchina a noleggio e ci dirigiamo subito verso nord nella provincia di Jujuy, percorrendo la ruta 9. Quasi sempre nei nostri on the road adottiamo questa strategia: raggiungere subito il punto più lontano, concentrando molti km nel primo giorno di viaggio, per poi percorrere a ritroso il tragitto fermandoci dove ci interessa.

Dopo circa 3 ore di panorami variegati e gridolini estatici (“uh, un lama! ah, un cactus!”) arriviamo a Purmamarca, un piccolo villaggio a 2.100 mslm incastonato nella Quebrada de Humahuaca, una lunga ed ampia valle rocciosa che occupa la parte orientale dell’Altopiano Centrale Andino. Da questo momento e per i successivi 7 giorni raggiungeremo altitudini estreme, senza mai più scendere sotto i mille metri.

Purmamarca al tramonto ci lascia senza fiato. Attraversiamo velocemente il paese (inizia a fare buio) per poter completare il sentiero panoramico ad anello che attraversa il Cerro de los Siete Colores. Tira un vento gelido, ma non è (solo) per questo che ci lacrimano gli occhi: i colori che ci troviamo davanti sono stupefacenti.

Torniamo nel piccolo centro città dove facciamo un giro tra le bancarelle di artigianato locale e assaggiamo cibo di strada – sempre sia lodato. Dopo appena poche ore in questa regione, ho già capito che salutare ogni tappa in favore dalla tappa successiva sarà un piccolo trauma. Spoiler: andrà esattamente così.

Lasciamo Purmamarca per raggiungere Tilcara, dove trascorriamo la notte in un bell’albergo molto caratteristico. Azzeccatissima la cena nel ristorante tipico che ci è stato consigliato da un ragazzo del posto, dove abbiamo assaggiato la tipica parilla mista di carne e assistito ai canti tradizionali. Il mattino seguente, prima di proseguire, visitiamo la Pucarà di Tilcara, un’antica fortezza inca ricostruita in epoca recente: un bel sito archeologico immerso in una distesa di enormi cactus e circondato da montagne colorate.

Proseguiamo ancora più a nord e raggiungiamo Humahuaca. Siamo a 2.900 metri, il sole picchia e l’aria è tesissima, e noi cerchiamo una 4×4 con autista che ci porti su, ancora più su. Dopo qualche contrattazione ci accordiamo con un ragazzo che diventa il nostro driver e in circa un’ora di strada ripidissima ci porta ad ammirare la Serranía de Hornocal, conosciuta come montagna dei 14 colori. Semplicemente wow. Sole, vento e altitudine si fanno sentire, ma niente può impedirci di assaggiare anche qui, a 4.350 metri di altitudine, il cibo locale. Se si tratta poi di empanadas casalinghe preparate sul posto dai locals…

Arriva il momento di tornare verso sud, tutta la strada è meravigliosa e non riusciamo a fare a meno di fermarci continuamente per scattare fotografie e visitare mercatini e botteghe. In serata arriviamo, stremati, a San Salvador de Jujuy, la capitale della regione, ma è solo una sosta “tecnica” perchè il mattino seguente ripartiamo in direzione Salta.

Salta

Per spezzare la centinaia di km di guida visitiamo Salta, capitale dell’omonima regione. La città è piuttosto grande, ma il centro storico in stile pienamente coloniale è una chicca imperdibile. Per la sua posizione centrale e i servizi, Salta viene scelta da molti come base turistica: da qui infatti vengono organizzate gite giornaliere per visitare molti dei punti di interesse delle due regioni. Oltre alla sua famosa cattedrale e alla teleferica, da non perdere è il Museo di Archeologia d’Alta Montagna. Breve tappa a La Salteñeria (consigliatissimo) per fare il pieno di empanadas per pranzo e proseguiamo.

Al termine di questa settimana nel NOA, torneremo a Salta per un’ultima sera. E qui, seppur stanchissimi, non rinunceremo a una delle attrazioni della città: uno spettacolo di danze e canti tradizionali in una peña. La Vieja Estación, una delle peñas più conosciute, ci regala una serata divertentissima.

Cafayate

Uscendo da Salta in direzione sud imbocchiamo la ruta 68 per raggiungere Cafayate. In 3 ore di viaggio il panorama cambierà innumerevoli volte, tanto che i chilometri non pesano e guidare in queste strade immense è un piacere assoluto. Ma è quando raggiungiamo la Quebrada de las Conchas (“gola delle conchiglie”) che avviene la magia.

Rosso! Intorno a noi è tutto rosso. Roccioso. Imponente. Marziano. Mi vengono ancora i brividi se ripenso alla sensazione di meraviglia e di pace che mi ha suscitato attraversare la Quebrada. Ci sono diversi punti di interesse ben segnalati dai cartelli e dalle guide, ma il mio personalissimo consiglio è di fermarvi dove vi suggerisce il vostro istinto di esploratori. Tanto, ve lo devo dire, ogni punto è stupendo.

Non vorrei più andarmene, ma è di nuovo sera e dobbiamo raggiungere Cafayate prima che faccia buio. Le rocce rosse della Quebrada lasciano il posto ai vigneti, tantissimi vigneti! Siamo arrivati nel posto giusto. Cafayate è infatti una delle principali zone vitivinicole argentine, nota per la coltivazione del Torrontès, vitigno bianco aromatico che dà origine al vino omonimo. Qui visitare almeno una bodega è imprescindibile, e noi accettiamo volentierissimo l’invito di Bodega Yacochuya; in questo articolo vi racconto la nostra esperienza.

A Cafayate siamo molto fortunati con l’hotel, ma ancora di più con la ristorazione: la cena da La Despensa cocina y cultura rimarrà infatti una delle migliori mai fatte in viaggio.

Per gli appassionati enoici come noi, i dintorni di Cafayate sono un luogo davvero unico. In quale altro luogo del mondo trovi ettari ed ettari di vigne antiche, a 2.000 mlsm, accarezzate dal vento, riparate dalle montagne e “sorvegliate” dai rapaci? Decidiamo di attraversarle percorrendo un tratto della famosa ruta 40, la strada nazionale che attraversa longitudinalmente tutto il paese, dalla frontiera con la Bolivia alla Patagonia.

Il viaggio nel viaggio

Dopo km di vigne, il panorama cambia, ancora una volta, e superato l’onirico pueblo di San Carlos (dove gustiamo delle empanadas stupende, ça va sans dire) ci immergiamo nuovamente nella quebrada, in un diverso punto rispetto al giorno precedente.

Ancora una volta, la magia del viaggio. Siamo nel niente, i telefoni non prendono. Tiziano aveva individuato sulla mappa un punto che sembrava interessante da visitare, ma non ci sono indicazioni. L’istinto ci porta a fermarci nei pressi di una piccola struttura di ristoro sulla strada. C’è una ragazza giovane al bancone, non parla una parola di inglese ma ci accoglie sorridendo. Con il wi-fi le mostriamo sulla mappa il luogo che vorremmo visitare; ci dice di aspettare, che va a chiamare la persona giusta per noi.

Torna poco dopo con suo marito, un ragazzo altrettanto sorridente, che ci invita a seguirlo a piedi. Capiamo che non può condurci fino a dove vogliamo arrivare, ma può indicarci la strada. Attraversiamo i suoi campi di cumino, chiacchieriamo in una lingua che abbiamo appena inventato ma con la quale ci capiamo alla perfezione e raggiungiamo la sponda di un fiume. “Siamo nella stagione secca, l’acqua è bassa; potete attraversarlo a piedi senza problemi, basta che vi togliete le scarpe! Sull’altra sponda, il sentiero vi condurrà nel posto che state cercando!”. Il resto è impossibile da descrivere a parole.

Salutare Cafayate è davvero difficile, e quindi indugiamo ancora un paio d’ore in città, visitando il museo del vino e acquistando qualche souvenir. Torniamo quindi a Salta, perchè la nostra avventura nel NOA non è ancora finita. La strada è lunga, ma talmente bella che vorrei non finisse mai.

La Puna

Durante le lunghe serate di studio per organizzare questo viaggio, scopriamo l’esistenza della Puna: un deserto di altura che sembra un altopiano, ma che dal punto di vista geologico è una cordigliera vulcanica, con un’altitudine variabile tra i 3.000 e i 5.000 metri. Non possiamo perdercelo, ma visitarlo in solitaria è impossibile. Troppo alto, troppo freddo, troppo isolato, troppo sperduto, troppo estremo.

Ci sono alcune agenzie locali che organizzano tour personalizzati nella Puna, e noi ci affidiamo a Explora Vida Puna. Sulla base delle proposte, scegliamo il percorso che ci ispira di più e veniamo affidati a Fabian. Dopo 3 giorni, però, Fabian non è più “solo” la nostra guida (preparatissima, scrupolosa, gentile, affidabile). Fabian è diventato un grande amico.

Il pick-up di Fabian passa a prenderci nel nostro hotel nel centro di Salta, e partiamo. Ci aspetta un lungo viaggio, tantissimi km e un dislivello di oltre 3.500 metri. Attraversiamo la Quebrada del toro, una vallata scavata tra le montagne che conduce, salendo, nel cuore della Puna. La presenza umana è sempre meno evidente, la vegetazione si fa via via più brulla, le piante verdi cedono progressivamente il posto a imponenti cardones (i cactus giganti argentini). La grande strada che attraversa la quebrada è l’unica via per raggiungere le miniere della Puna, una delle principali fonti economiche della zona.

San Antonio de Los Cobres

Per pranzo ci fermiamo a San Antonio de Los Cobres, il centro abitato più alto dell’Argentina (siamo a 3.775 mslm). Il paese è piccolo, quieto, impolverato. Ci imbattiamo in un gruppo di ragazzi vestiti in abiti tradizionali (Fabian ci spiega che stanno festeggiando la “pachamama“, l’omaggio alla madre terra che le popolazioni andine celebrano per tutto il mese di agosto) e ci fermiamo poi a pranzare in una piccola tavola calda, di una semplicità, autenticità, genuinità e bontà disarmanti.

Dalla stazione di San Antonio parte il famoso Tren a la nubes, il treno più alto al mondo, che percorre oggi un piccolo tratto di ferrovia per raggiungere il Viaducto de la polvorilla, un impressionante ponte in ferro lungo 220 metri e alto più di 60. Noi lo raggiungiamo in macchina e passarci sotto è impressionante. Siamo ormai nel cuore della Puna. Oltrepassiamo il valico montano di Abra del gallo a 4630 m, attraversiamo Santa Rosa de los Pastos Grandes, Los Colorados, il Desierto del Diablo e arriviamo a Tolar Grande, la nostra base, quando ormai è notte. Siamo a meno di 400 km da Salta, ma la sensazione è quella di essere atterrati su Marte.

Tolar Grande, Salar de Arizaro e Mina Julia

Tolar Grande è minuscolo villaggio di circa 200 abitanti ed è di fatto la base logistica per chi lavora nelle numerose miniere delle zone. Seppur sia l’antitesi della località turistica, ci sentiamo grati e onorati di aver potuto condividere per due giorni vitto e alloggio con Fabian e i minatori della Puna.

Il secondo giorno ci riserva grandissime emozioni. Al mattino presto, quando la temperatura è ancora sotto zero, attraversiamo l’enorme Salar de Arizaro, uno dei deserti di sale più estesi del mondo, nel quale spuntano di tanto in tanto dei piccoli laghetti di acqua cristallina chiamati ojos de mar. Fabian ci fa conoscere le poche piante in grado di resistere alle condizioni estreme della puna mentre facciamo delle piccole soste per abituarci all’altitudine. Perchè oggi arriveremo quasi a toccare il cielo.

Raggiungiamo il campamento La Casualidad, uno spettrale villaggio di minatori ormai abbandonato, e poi saliamo fino a Mina Julia, una miniera di zolfo anch’essa abbandonata che si trova a 5.300 mslm. Siamo circondati da vulcani, a pochi metri sotto di noi c’è il confine con il Cile, il vento è talmente forte e gelido che taglia la faccia. È incredibile.

Non sappiamo quale fosse il piano originario, ma il clima è davvero ostile e pensare di pranzare all’aperto è impossibile. Così torniamo alla Casualidad e, mentre noi passeggiamo tra le case abbandonate e fantastichiamo su come doveva essere vivere in questo angolo sperduto di mondo fino a pochi decenni prima, Fabian allestisce per noi un pasto caldo al riparo nella vecchia chiesa del villaggio. Mangiamo con gusto (in barba al mal di montagna) e chiacchieriamo con Fabian. Siamo completamente isolati, l’unica compagnia sono le vicugne che passeggiano in gruppo, guidate dagli esemplari maschi, e qualche coppia di coyote che tenta di sorprenderle. So che mi ripeto, ma i paesaggi che attraversiamo sono belli da togliere il fiato.

Il terzo giorno dobbiamo fare rientro a Salta, e per farlo percorriamo un percorso diverso rispetto al viaggio di andata. Ci imbattiamo in due vecchie stazioni ferroviarie: in questo territorio così ostile passava un treno che collegava il Cile all’Argentina. Lungo la ruta 51 troviamo canyon rossissimi, strade ripidissime, distese di sale, vecchi vagoni minerari abbandonati, e poi ancora laghi, piccoli cespugli di vegetazione dorati, famiglie di vicugne. È un luogo unico al mondo.

Verso l’ultima tappa

Arrivati a Salta salutiamo Fabian celando malamente la commozione (ma rimarremo in contatto, e siamo certi che non si tratta di una di quelle promesse fatte per circostanza). Il mattino seguente, voliamo a Mendoza per l’ultima tappa del nostro incredibile viaggio argentino.

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